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martedì, 19 Marzo 2024

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Sarà scuola vera?

di Mauro Meschini – Se qualcuno si fosse provato, quando eravamo ancora studenti, a proporci in piena estate argomenti e discussioni legate all’anno scolastico che si sarebbe aperto all’inizio dell’autunno, lo avremmo probabilmente mandato a quel paese senza prestare la minima attenzione a ciò che aveva a dire.

Anche oggi per molti studenti sarà così, come in fondo è giusto che sia, ma purtroppo ci viene da pensare che forse anche tra di loro, pur se in modo appena accennato e carsico, qualche parola sulla futura riapertura della scuola ogni tanto venga scambiata, non tanto per il desiderio di tornare al più presto sui banchi, ma per cercare di condividere i tanti dubbi e le molte incertezze che ormai da mesi interessano anche il mondo della scuola.
L’epidemia da Covid-19 ha spazzato via molte abitudini e incrinato diverse certezze, anche i ben conosciuti, e alla fine anche benvoluti rituali propri del sistema scolastico sono stati stravolti.

Non si è trattato solo di avere per diverse settimane i portoni delle scuole chiusi e di adattarsi a condividere lunghe ore con i compagni davanti allo schermo di un computer o di un tablet, ma di vedere stravolte le normali e profonde relazioni umane che sono una parte fondamentale dell’esperienza di apprendimento, di vedere negate e non più condividere davvero le preziose attività di insegnamento, di vedere limitate e sempre più complicate dalla distanza le possibilità di contatto e rapporto tra le famiglie e gli insegnanti.

Forse le preoccupazioni nei momenti più bui di questo lungo e difficile periodo, che sembra non voler terminare, possono aver spinto a trovare in quelle circostanze nella Didattica a Distanza una soluzione non ottimale ma utile per limitare i rischi di contagio, ma con il tempo ci stiamo rendendo ancora più conto che ciò di cui eravamo comunque consapevoli: per molto tempo i ragazzi non hanno potuto frequentare una scuola vera e questo potrebbe essere un problema non di poco conto destinato in qualche modo a pesare sul loro futuro.
Non è un caso che proprio nel mese di luglio scorso siano arrivate informazioni dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, meglio noto con l’acronimo INVALSI, che certificano e rendono concreti i timori e le perplessità che molti hanno sempre avuto.

Da quanto si legge nei risultati delle valutazioni effettuate nel 2021 sembra che non poche siano state le conseguenze di questa anomala situazione, soprattutto per quanto riguarda i livelli di apprendimento dei ragazzi più grandi.

Entrando più nel dettaglio, nel la scuola primaria si rilevano analoghi risultati tra il 2019 e il 2021, con solo dei segnali che possono mostrare futuri possibili criticità.
“Il confronto degli esiti della scuola primaria del 2019 e del 2021 ci restituisce un quadro sostanzialmente stabile. La scuola primaria è riuscita quindi ad affrontare le difficoltà della pandemia garantendo risultati pressoché uguali a quelli riscontrati nel 2019. I risultati della scuola primaria sono molto simili in tutte le regioni del Paese e difficilmente le differenze sono significative in senso statistico. Tuttavia, emergono già alcune indicazioni che possono lasciare intravedere aspetti problematici che nel ciclo secondario contribuiscono a determinare risultati molto diversi sul territorio nazionale e tra le scuole.

I risultati medi di Italiano al termine della II primaria e della V primaria sono molto simili all’interno di ciascun grado scolastico in tutto il Paese e si riscontra un leggero incremento degli allievi che si trovano nei livelli più alti di risultato (livelli 4-5-6). Per Matematica, invece, si osserva un leggero calo del risultato medio complessivo rispetto al 2019 e una piccola riduzione del numero degli allievi che raggiungono risultati buoni o molto buoni (livelli 4-5-6)”.

Nella scuola secondaria di primo grado si registrano in alcuni casi lievi aumenti delle carenze mentre in altri una sostanziale stabilità.
“Rispetto al 2019 i risultati del 2021 di Italiano e Matematica sono più bassi, mentre quelli di Inglese (sia listening sia reading) sono stabili.
A livello nazionale gli studenti che non raggiungo risultati adeguati, ossia non in linea con quanto stabilito dalle Indicazioni nazionali sono:
– Italiano: 39% (+5 punti percentuali rispetto sia al 2018 sia al 2019)
– Matematica: 45% (+5 punti percentuali rispetto al 2018 e +6 punti percentuali rispetto al 2019)
– Inglese-reading (A2): 24% (-2 punti percentuali rispetto al 2018 e +2 punti percentuali rispetto al 2019)
– Inglese-listening (A2): 41% (-3 punti percentuali rispetto al 2018 e +1 punto percentuale rispetto al 2019).
In tutte le materie le perdite maggiori di apprendimento si registrano tra gli allievi che provengono da contesti socio-economico-culturali più sfavorevoli… “.
Infine è dall’analisi dei dati relativi all’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado che vengono i segnali più preoccupanti.

“[…] Indipendentemente dal percorso di studi frequentato, le prove sono costruite in modo tale da fornire a ciascun allievo la possibilità di raggiungere i risultati più alti. Rispetto al 2019 i risultati del 2021 di Italiano e Matematica sono più bassi, mentre quelli di Inglese (sia listening sia reading) sono stabili. A livello nazionale gli studenti che non raggiungono risultati adeguati, ossia non in linea con quanto stabilito dalle Indicazioni nazionali sono:
– Italiano: 44% (+9 punti percentuali rispetto al 2019)
– Matematica: 51% (+9 punti percentuali rispetto al 2019)
– Inglese-reading (B2): 51% (+3 punti percentuali rispetto al 2019)
– Inglese-listening (B2): 63% (+2 punti percentuali rispetto al 2019)

Rispetto al 2019 si riscontra un calo di circa 10 punti in Italiano a livello nazionale, ma con forti differenze tra le regioni; un calo di circa 10 punti in Matematica a livello nazionale, ma con forti differenze tra le regioni con percentuali molto elevate di allievi al di sotto del livello minimo nelle regioni del Mezzogiorno, in particolare in Campania e Puglia; nessuna perdita di apprendimento per Inglese-reading e Ingleselistening.

In tutte le materie le perdite maggiori di apprendimento si registrano in modo molto più accentuato tra gli allievi che provengono da contesti socioeconomico-culturali più sfavorevoli, con percentuali quasi doppie tra gli studenti provenienti da un contesto svantaggiato rispetto a chi vive in condizioni di maggiore vantaggio”.

La situazione che emerge da queste rilevazioni statistiche non solo conferma le ricadute negative della chiusura delle scuole e della Didattica a Distanza, ma, e questo è un elemento che dovrebbe far riflettere, mette ancora una volta in evidenza, anche se non dovrebbe essere necessario, quanto la frequenza scolastica sia elemento livellante e indispensabile per eliminare le disuguaglianza che derivano non dai meriti personali, ma dalle condizioni sociali e familiari. Il fatto che anche in questa occasione i dati più negativi interessano gli strati del territorio e della popolazione più svantaggiati non può che essere un ulteriore conferma di questo.

Ora di fronte all’evidenza dei numeri speriamo che siano prese decisioni e iniziative conseguenti, magari senza lasciarsi andare a proclami o dichiarazioni di principio che, come abbiamo purtroppo visto anche nell’ultimo anno scolastico, poi risultano inutili.
Lo scorso anno ci siamo persi dietro ai banchi con le ruote, quest’anno si ribadisce che le lezioni saranno in presenza, ma davvero si sta facendo tutto per garantire questo?

Già all’inizio dello scorso anno scolastico ci avrebbe fatto piacere, per esempio, vedere che nella formazione delle prime classi in tutte le scuole fosse stato scelto di diminuire il numero degli studenti ponendo un tetto massimo di 15/18 alunni utile sia per garantire il rispetto delle distanze sia per facilitare l’apprendimento e il rapporto con i docenti. Invece questo non è accaduto e non sta accadendo neppure adesso. Sarebbe forse la prima rivoluzione da fare accompagnata dalla stabilizzazione dei docenti in ogni ciclo di studi, altro elemento che potrebbe portare ulteriori benefici e favorire migliori risultati.
Speriamo davvero che qualcosa si muova in senso positivo, alla scuola serve tornare alla sua normalità, ma servono anche scelte che le permettano di svolgere fino in fondo il suo compito.

Il rischio che vediamo è che questa volta sia la polemica sull’obbligo o meno dei vaccini a catalizzare l’attenzione, in un Paese normale sarebbe considerata una questione troppo seria per essere, ormai da troppo tempo, argomento preso in ostaggio per infiammare sterili polemiche tra politici in cerca di consenso. Sarebbero necessari, rispetto a questo tema e non solo, saggezza, responsabilità e la consapevolezza che siamo in una situazione in cui sono richieste delle scelte e dei comportamenti che in altre occasioni non sarebbero considerati.

In un momento così complesso la scuola non è certo stata considerata sempre una priorità, ma forse, insieme a pochi altri, è probabilmente uno dei luoghi di cui abbiamo sempre veramente bisogno.

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