di Fiorenzo Rossetti – Probabilmente questo articolo mi renderà una sorta di “nemico degli animali” perché, pur professando dottrine ambientaliste, parlare della corretta gestione degli animali d’affezione spesso porta ad alzare i toni.
In Italia è obbligatoria l’anagrafe canina. Tuttavia, ancora non è noto il numero esatto di cani. Si stima siano circa 30 milioni! Il numero è aumentato vertiginosamente negli ultimi anni, di pari passo con le norme poste a tutela della salute dei nostri amici a quattro zampe.
Naturalmente, anche il mercato della cura sanitaria, alimentare e degli accessori (a volte molto improbabili, direi quasi umilianti per l’animale) dedicati ai “pets” è cresciuto in maniera estremamente rilevante.
Ad essere in calo nei trend pare, invece, il buon senso di alcuni padroni: a volte maleducati e indifferenti alle regole di gestione del proprio “pelosetto” (e a quelle di comune convivenza, quali la raccolta delle feci e l’uso del guinzaglio), a volte decisi a voler accedere a qualsiasi luogo, talvolta esagerati nell’umanizzare ogni comportamento di fido.
Il mondo animalista ha tanti meriti nel raggiungimento di risultati dovuti nella gestione e tutela della popolazione canina. Un maggiore attenzione dovrebbe, però, porsi anche nella considerazione dell’equilibrio tra i diritti degli animali d’affezione e la salvaguardia degli equilibri degli ambienti naturali.
Caso emblematico è l’accesso dei cani nelle aree naturali protette, generalmente consentito a patto di rispettare alcune regole che tutelano la fauna selvatica, i nostri animali e gli altri fruitori.
Molti possessori di cani adorano camminare nei Parchi naturali assieme al proprio cane: vederlo correre libero e saltare felice su un prato, camminare scodinzolando per un sentiero, magari inseguendo per boschi le varie tracce odorose, è una sensazione meravigliosa!
La prima regola, anche e soprattutto in un ambiente naturale “selvatico”, è sempre la stessa: i cani vanno tenuti al guinzaglio. Il quadro normativo è ampiamente chiaro sull’obbligatorietà dell’uso del guinzaglio (disponendo in taluni casi, addirittura, la museruola) e sulle regole comportamentali da seguire nel detenere e condurre un cane.
Tali norme valgono anche nei Parchi nazionali. Anzi il concetto è rimarcato con regolamenti più stringenti: la fruizione da parte dei cani è disciplinata in maniera diversa e adatta alle esigenze intrinseche di ciascuna area protetta. Talvolta il divieto di accesso ai cani è limitato a determinati periodi dell’anno (quelli più sensibili per la fauna selvatica, l’unica davvero autoctona e “a casa propria”), o a determinate zone del Parco.
Quali sono le regole del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi?
A seguito di proposta adottata con Delibera del Consiglio Direttivo del dicembre 2012, il Parco pubblicò il “Regolamento del Parco” ai sensi della Legge 394 del 1991. Tale norma prevede che sia il Ministro dell’ambiente, sentita la Consulta e previo parere degli enti locali interessati, ad approvare i regolamenti dei Parchi. È stato fatto? Ancora oggi, la versione on line del regolamento informa della sua essenza di testo in versione non definitiva da sottoporre a consultazione pubblica.
Il capitolo dedicato al “Soggiorno e circolazione del pubblico”, vieta (con tutte le eccezioni e giustificazioni) ai non residenti nel Parco Nazionale l’introduzione di cani, anche se al guinzaglio, con eccezione di talune zone, nonché delle aree immediatamente adiacenti alle strade.
Alla notizia della pubblicazione di questo regolamento, si ricordano bene le proteste di quanti abituati a fruire del parco con il proprio cane, delle associazioni animaliste e, addirittura, degli esercenti locali, forse timorosi di perdere una fetta di possibili clienti. Tale clamore fu, probabilmente, alla base del tergiversare nel rendere definitivo il regolamento.
A questo punto rimane da rispondere ad un solo quesito: perché non posso portare il mio cane nel Parco? Vi sono alcune importanti ragioni. La prima riguarda i disturbi diretti che i cani, anche i più docili e ubbidienti, se non tenuti al guinzaglio, possono arrecare alla fauna selvatica, con inseguimenti e tentativi di cattura (cause di forte stress per gli animali autoctoni, che già devono vedersela con ciò che la sopravvivenza in un ambiente selvatico comporta), e con, talvolta, uccisioni.
La seconda ragione è di tipo sanitario. I cani sono vettori di molte pericolose patologie (sì, anche se vaccinati) per la fauna selvatica. Ma può accadere l’inverso: il nostro amico può venire in contatto con resti e deiezioni, esponendosi a parassiti, infezioni e altre patologie pericolose e contagiose. Non sono, poi, del tutto infrequenti casi di smarrimento e di scontro con la fauna selvatica. Per la maggior parte di noi padroni il nostro cane è bravo e “non farebbe male a una mosca”. Ma non tutti gli escursionisti amano essere rincorsi da cani di cui non conoscono l’indole. O, magari… farsi leccare il pasto su un dirupo roccioso (sì, è capitato più d’una volta).
Capita anche che, lasciando il cane libero di correre sul sentiero, si finisca per provocare incidenti (ve ne potrei raccontare almeno un paio), soprattutto nei confronti di bambini.
Nei Parchi dove sono presenti greggi al pascolo è, inoltre, opportuno evitare che il cane abbia incontri ravvicinati con gli animali e con i cani da pastore.
E ancora, le deiezioni: anche se non siamo in città, la loro raccolta negli appositi sacchettini è fondamentale!
Alcuni Parchi, per favorire la fruizione consapevole e rispettosa, hanno avviato campagne comunicative (anche repressive) e giornate formative con educatori cinofili, ottenendo buoni risultati.
Si auspica che anche il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi avvii iniziative simili, consentendo esperienze in una natura meravigliosa a chi desidera farle con al fianco il proprio cane, ma, allo stesso tempo, difendendo la propria prima vera mission: la tutela della biodiversità.