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giovedì, 13 Novembre 2025

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Baloci, Brice e Solline

di Lara Vannini – Tempo di nuovi inizi. L’estate ci ha salutato da tanto, e quest’anno in Casentino è stata più bizzosa e altalenante del solito con frequenti acquazzoni e basse temperature. Chiuso un ciclo eccoci ormai in Autunno che con la propria tavolozza di colori e tradizioni, ci conferma la ciclicità del ritmo naturale, eterno ma mai uguale a se stesso.

Raffreddori, influenze, e primi malanni di stagione ci ricordano che dobbiamo correre ai ripari, ognuno secondo le proprie abitudini e le proprie necessità. Ancora oggi i rimedi naturali restano una grande attrattiva soprattutto quando non ci sono da curare gravi patologie, e sempre di più anche la nostra alimentazione sta diventando un vero toccasana per il nostro organismo. Qualsiasi ingrediente se cucinato con sapienza e maestria può diventare un ottimo alleato al nostro benessere e mostrare la propria versatilità in cucina. I nutrizionisti sono pronti a giurare che i cibi di stagione sono sempre i migliori, perché freschi, e legati ai cicli biologici dell’essere umano. Non è un caso che d’estate ci nutriamo di piatti colorati e leggeri per non appesantire lo stomaco e d’Inverno prediligiamo una cucina più “robusta” e saporita, capace di scaldare l’anima e il nostro organismo.

La natura in ogni mese dell’anno ci ricorda cosa mangiare per essere: sani, sostenibili ed economici! Di sicuro l’Autunno spalanca le porte ad un “cibo povero” ma ricchissimo di proprietà e soprattutto un alleato secolare delle tavole contadine casentinesi: la castagna.

Oggi la castagna può essere sicuramente rivalutata anche per chi ha allergie alimentari perché, essendo priva di glutine, la sua farina può essere usata per un’infinità di primi e preparazioni che comunemente sono dedicate ai classici cereali. La castagna è nutriente ma non dietetica perché è ricca di carboidrati e quindi in alcuni casi va mangiata con moderazione.

Storie e leggende Dall’alto potere saziante ed energetico, la castagna era l’alimento che faceva da padrone sulle tavole contadine. In realtà secondo la botanica la castagna non è un frutto come comunemente siamo portati a pensare, ma un seme, all’interno del riccio, ovvero il guscio spinoso che la avvolge sull’albero. Molte sono le storie e le leggende che si legano alla castagna e all’involucro spinoso che la avvolge. Una leggenda narra che tanti secoli fa, le castagne stavano appese agli alberi come le pere o le pesche. Esse potevano così essere mangiate con molta facilità dagli scoiattoli che riuscivano ad arrampicarsi velocemente sulle fronde degli alberi. Un bel giorno le castagne decisero di chiedere aiuto ai ricci e di essere avvolte nella loro corazza spinosa. Da allora nessun animale è riuscito più a mangiarle e hanno vissuto in pace fino alla loro naturale caduta.

Si dice comunemente che la castagna è il “frutto povero” del montanaro che, non potendosi permettere molto di più, usava la farina di castagne per fare la polenta o arrostiva la castagna direttamente sul fuoco per poterla poi mangiare nel corso della giornata come pasto energetico. La leggenda vuole che la castagna sia un alimento donato da Dio all’uomo per la sopravvivenza, e per questo ancora oggi prima di essere arrostita sul fuoco deve essere “segnata con una croce” , un gesto sacro che comunemente viene eseguito per non far scoppiare la castagna sulla brace ma che per i nostri predecessori aveva un significato molto profondo.

La raccolta delle castagne e i seccatoi Ore chini nel bosco autunnale di inizio ottobre, ricoperto da un tappeto di foglie marrone-ruggine, i contadini ogni anno si adoperavano per la raccolta ed essiccazione delle castagne. I nostri nonni erano bene coscienti che la raccolta delle castagne fosse un lavoro gravoso ma essenziale per la sopravvivenza invernale, che connetteva indissolubilmente l’uomo con i cicli naturali. I raccoglitori, partivano per le selve molto presto, “quando faceva giorno” e, se possibile, si riunivano in gruppetti per fare il viaggio in compagnia e tenere alto l’umore. Un tempo i boschi di castagno erano molto puliti perché veniva fatta continua manutenzione, ed erano popolati da molte persone che andavano a fare la raccolta e usavano i sentieri anche come vie di comunicazione.

Molti contadini possedevano un proprio “seccatoio” e chi non ce l’aveva andava in affitto da qualche conoscente. Il seccatoio era una piccola costruzione in pietra di un solo vano, collocato nel bosco nelle vicinanze dei castagneti, e serviva, come suggerisce il termine, all’essiccazione delle castagne. Al piano terra veniva fatto il fuoco per l’essiccazione mentre su un piano sopraelevato fatto di assi di legno, venivano collocate le castagne perché si seccassero. Quando le castagne erano pronte, venivano macinate per ottenere la farina. I contadini che avevano sovrabbondanza di castagne, chiedevano aiuto alle “coglitore”, donne che, in cambio del proprio lavoro, ricevevano un certo quantitativo di castagne da portare a casa. Inizialmente la raccolta avveniva a mano con il paniere di vimini, poi furono introdotti dei guanti di gomma per non ferire le mani con gli spini dei ricci.

A fine giornata di lavoro, i seccatoi dovevano essere ben chiusi perché la notte potevano arrivare i ladri detti “sacchettoni” a rubare le castagne. Per questo molti contadini preferivano restare a guardia dei propri seccatoi fino a notte inoltrata. L’essiccazione delle castagne, avveniva a fuoco lento e durava molti giorni. Nel corso di una giornata lavorativa, i raccoglitori erano preposti a seguire l’essiccazione all’interno dei propri seccatoi, e raccogliere le nuove castagne cadute a terra. Come sempre i contadini riuscivano a trasformare lunghe e faticose giornate di lavoro in momenti anche ricreativi, stringendo belle amicizie con le persone che avevano i seccatoi vicini. I bambini a volte venivano portati nel bosco e si divertivano a fare ghirlande da mettere sulla testa con le foglie di castagno intrecciate insieme e tenute da bastoncini di legno.

Baloci, Brice e Solline La castagne potevano essere cotte o cucinate in maniera molto versatile. Le “ballotte” ad esempio erano castagne che venivano bollite per circa mezz’ora nel grande paiolo collocato sopra il fuoco di un caminetto. La loro consistenza era molto morbida e fatto un piccolo taglietto con la bocca, potevano essere succhiate direttamente dalla buccia. In Casentino le Ballotte sono dette “baloci”, tanto è vero che a volte una persona poteva sentirsi dire: “sembra che tu parli con i baloci in bocca” per dire che il linguaggio era impastato come avere delle castagne in bocca.

Quando la legna aveva prodotto sufficiente brace, potevano essere cucinate le “caldarroste”. Con la paletta veniva ammassata sulla pietra del camino la brace e con la tipica padella forata dal manico lunghissimo venivano cotte le castagne o bruciate, in Casentino dette “Brice”.

Le castagne lesse ma senza buccia e insaporite con il finocchio venivano chiamate “mondine”. Le “solline” erano le castagne che non si erano seccate perfettamente e che piacevano tanto ai bambini per il loro sapore e la loro strana consistenza.

Ai più piccoli la prima lezione che veniva data sulla raccolta delle castagne era riconoscere le castagne buone da quelle selvatiche che generalmente venivano usate per i mangimi dati ai maiali e le castagne dell’ippocastano o castagne d’India non commestibili e molto velenose.

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