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lunedì, 17 Marzo 2025

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La Provincia? Ormai un Dopolavoro

di Mauro Meschini – Da quest’anno è andata a regime la controriforma delle Provincie. Cosa è accaduto ad Arezzo? Lo abbiamo chiesto al presidente Roberto Vasai.

È stato il delitto perfetto. Anni di delegittimazione sapientemente operata dalla politica, che aveva il solo scopo di spostare l’attenzione dai veri punti critici per il funzionamento e il costo dell’apparato amministrativo, e la vittima sacrificale prescelta è stata immolata sull’altare del presunto risparmio e della improbabile efficienza.

Forse così possiamo definire oggi la controriforma delle Provincie, fino a pochi anni fa cardine dello Stato, oggi appendice di una struttura che si è preoccupata di mantenere inalterati i privilegi garantiti in regioni e Parlamento e che vede ancora in vita tanti, troppi Enti di secondo livelli in cui i nominati dalla politica possono trovare sempre adeguata sistemazione. Chi ci ha rimesso è stata la Democrazia e la rappresentanza dei cittadini che si sono visti scippare uno dei pochi organi eletti direttamente, che aveva il compito di gestire servizi fondamentali per i territori. Invece di fare di questo livello amministrativo un riferimento fondamentale a cui affidare, davvero, anche altre funzioni, si è deciso di spazzarlo via spacciandolo per la fonte di tutti i mali, ma in realtà, ci accorgeremo presto, che i problemi stavano e stanno altrove. Comunque, possiamo forse già capire cosa succede quando si fanno modifiche fondamentali alla strutture dello Stato avendo probabilmente come unico obiettivo solo quello di limitare proprio gli spazi di Democrazia, partecipazione, controllo e rappresentanza dei cittadini.

È stato fatto con le provincie, si pensa ora di realizzarlo anche con la controriforma della Costituzione e con la trasformazione del Senato in organo, non eletto, frequentato da consiglieri regionali e sindaci. Torneremo a parlare di queste sciagurate norme, che saranno oggetto ad ottobre di un referendum sul quale, come è sempre accaduto, il nostro giornale non mancherà di dire la propria e di prendere una chiara posizione.

Adesso vogliamo lasciare la parola al Presidente della provincia di Arezzo Roberto Vasai, a cui abbiamo chiesto di illustrarci cosa le nuove norme hanno comportato per il nostro territorio e le sue considerazioni sul contemporaneo ruolo di responsabilità che, dallo scorso anno, ha assunto all’interno di una importante cooperativa.

Presidente Vasai all’inizio del 2016 si è conclusa di fatto la riorganizzazione conseguente alla nuova normativa relativa al ruolo delle Provincie. Quindi non solo gli organi dell’Ente non sono più elettivi, ma anche molti servizi adesso sono stati attribuiti ad altri soggetti. Come valuta questa trasformazione e, in questa situazione, quanto e come la Provincia può realmente rappresentare una risorsa per il territorio? «Quello portato a compimento dalla Regione Toscana è stato un processo lungo, che ha trasferito a Firenze molte delle competenze fino ad oggi delegate alle Province, con il relativo personale. In Toscana si è andati anche oltre, in qualche caso, a quanto previsto dalla Legge Del Rio e la Giunta Regionale ha scelto di operare in prima persona sul territorio. Una valutazione su questa scelta potrà essere fatta, ovviamente, solo a distanza di tempo. Alle Province restano comunque competenze di rilievo su strade, scuole, istruzione e pari opportunità e sono ruoli che, se ben svolti, danno senza alcun dubbio dignità istituzionale e amministrativa a questi enti che comunque, fino a quando non sarà approvata la riforma, sono previsti dalla Costituzione».

Il passaggio alla nuova organizzazione non è stato semplice, anche per i dipendenti. Alla fine tutto il personale è stato ricollocato? E per i prossimi anni che prospettive ci sono da questo punto di vista? «Non tutto il personale è stato ricollocato. Alla Regione si sono trasferiti molti dei dipendenti che lavoravano nei settori delegati, ma non tutti, e ci sono poi tutti i cosiddetti “trasversali”, che fanno capo cioè a competenze generali, per i quali la partita è tutt’ora aperta. Da chiarire anche la partita relativa ai Centri per l’Impiego, in attesa dell’attuazione del Job Acts».

Uno dei punti più critici sembra comunque che sarà quello delle risorse. I progressivi tagli previsti nei prossimi anni per le provincie, nonostante la diminuzione dei servizi da gestire, rischiano di far saltare i conti. Quale è la situazione della Provincia di Arezzo? «Non si tratta più, ormai da tempo, di semplici tagli. Lo Stato infatti non solo non ci dà risorse, ma effettua dei prelievi sulle entrate proprie delle Province la cui entità va a crescere negli anni. Già in questo 2016 credo possa considerarsi, se non interverranno fatti nuovi, assolutamente insostenibile, se guardiamo al 2017 possiamo facilmente prevedere lo stato di dissesto di tutti questi enti. Ciò significa che si dovrà intervenire per mettere le Province in condizioni non tanto di sopravvivere, quanto di garantire i servizi essenziali dei quali prima parlavo, in particolare scuole e strade».

Nello scorso anno Lei ha assunto un incarico di rilievo all’interno della Cooperativa L’Agorà d’Italia. Soggetto che gestisce servizi in molti comuni anche della provincia di Arezzo. Non pensa che questo ruolo all’interno di un soggetto privato, considerato che adesso negli organi della provincia sono presenti sindaci e consiglieri comunali, possa essere incompatibile con la carica di Presidente della Provincia? «Ho un’esperienza amministrativa che è ormai di qualche decennio e se avessi pensato che l’incarico nel settore privato che ho assunto fosse incompatibile con il mio ruolo ci avrei rinunciato. L’Amministrazione provinciale opera nei campi già citati (strade, scuole, istruzione, pari opportunità), e nessuno di essi ha la minima attinenza con l’agire della Cooperativa con la quale collaboro. Anche sul rapporto con i Sindaci e consiglieri è bene fare chiarezza: rappresentano oggi, in base alla Legge, il corpo elettorale attivo e passivo delle Province, ma il Presidente una volta eletto è organo monocratico nella pienezza delle sue funzioni, non delegato dai Comuni. Per quanto riguarda il legame con il territorio, posso dire che gran parte della mia attività si svolge fuori dalla Provincia di Arezzo, in qualche caso anche all’estero».

In ogni caso questa situazione, anche per gli esempi non certo positivi che la cronaca racconta, può comunque essere letta come un’anomalia, rafforzando l’idea che tra politica e cooperazione, cioè con chi sta sempre più spesso gestendo i servizi pubblici, sia nel tempo cresciuto un rapporto troppo stretto? «Sul rapporto tra politica e cooperazione molto si è detto e si è scritto, a Roma c’è un procedimento giudiziario in corso dal quale si evince, anche se ancora non è giunto a conclusione, che questo rapporto fosse diventato gravemente falsato partendo dalla macchina amministrativa per giungere poi ai politici, ma nei settori nei quali le cooperative si trovavano ad operare. Non vedo, sinceramente, alcuna analogia con il mio caso: come detto mi trovo ad operare in settori che non hanno niente a che vedere con le competenze attuali, ma neanche su quelle passate da quando io sono amministratore, con quelle delle Province. Come probabilmente molti sanno, o intuiscono, ho accettato il ruolo di Presidente della Provincia per dare un contributo, forte dell’esperienza di questi anni, a una fase di passaggio delicata per l’Ente e per il suo personale, al quale mi legano anni di lavoro comune. Non ho niente da guadagnarci né per l’oggi né per il futuro, né sul piano politico e neanche su quello economico, visto che la carica è a titolo gratuito. Confesso che mi fa un po’ sorridere vedere che questo spirito di servizio viene, anche se velatamente, mischiato a presunte incompatibilità o interessi personali in presenza dei quali non esiterei un attimo a rimettere il mio incarico».

(tratto da CASENTINO2000 | n. 268 | Marzo 2016)

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