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giovedì, 10 Ottobre 2024

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Per una SR71 più sicura

di Francesco Meola – Nonostante i vari lavori di adeguamento a cui è stata sottoposta negli anni, la SR71 continua a far registrare un elevato numero di incidenti risultando una delle arterie più pericolose dell’intera Toscana. Non è un caso, dunque, se la questione sicurezza torna alla ribalta in modo pressoché costante, come dimostra l’appello dello scorso gennaio da parte di alcuni esponenti delle forze di opposizione in Regione ossia dei consiglieri Veneri e Capecchi.

«La situazione è diventata insostenibile e richiede interventi immediati – si legge nella nota degli esponenti di Fratelli d’Italia – Ribadiamo le nostre richieste rimaste inascoltate: dai dissuasori di velocità alle aree di sosta per i bus ai cartelloni informativi alla segnaletica, da una maggiore illuminazione, alla realizzazione di marciapiedi e adeguati attraversamenti pedonali. I residenti del Casentino sono costretti a fare slalom tra cantieri, restringimenti, interruzioni e rimane troppo alto il tasso di incidentalità. Purtroppo, la SR71, come anche altre infrastrutture regionali, mostra gravi limiti progettuali: è una strada realizzata nel 1966 e non è più adatta agli attuali volumi di traffico. È, perciò, necessaria una riflessione sul futuro delle infrastrutture regionali troppo vecchie per le esigenze odierne. Serve un ammodernamento: una tale viabilità compromette lo sviluppo economico di molte aziende e imprese della vallata. Le infrastrutture devono essere una priorità, non possiamo permetterci di continuare ad avere una mobilità da terzo mondo. Per garantire sicurezza e affidabilità, la provincia di Arezzo e la Toscana hanno bisogno di interventi strategici e funzionali. Anche la Provincia di Arezzo faccia la sua parte e convochi un tavolo per la sicurezza della Sr71, per affrontare il problema della pericolosità di questa disastrata arteria».

Ciononostante, al momento l’Ente di via Ricasoli si è limitato all’ordinaria amministrazione, provvedendo più che altro alla manutenzione del fondo stradale ma è ovvio che, in assenza di un piano concertato con la Regione, le difficoltà nel garantire una viabilità più sicura restano molte. Uno dei problemi principali è rappresentato dalla velocità di crociera tenuta dalle auto sulla SR71 dove, dai dati ricavati dalle postazioni di rilevamento, un’automobile su quattro sfreccia a più di 70 km all’ora e l’81% dei veicoli sfora il limite dei 50. Tutto questo su una strada che attraversa centri abitati in successione e per la quale, dunque, è sempre più indifferibile l’esigenza di riadattare e mettere in sicurezza il tracciato esistente senza rinunciare a opere più impegnative quali la costruzione, dove necessario, di varianti e bretelle. La spesa, ovviamente, è di quelle impegnative, ma la mole di traffico giornaliero la rende inevitabile anche per non vanificare gli investimenti infrastrutturali che pure ci sono stati in passato.

Ma oltre agli interventi di natura strutturale, è importante mantenere alto il livello dei controlli con il presidio giornaliero delle forze dell’ordine, in particolar modo di quelle di polizia municipale. Prevenzione, quindi, deve rimanere la parola d’ordine, considerata anche la crescita del numero mortale di incidenti. A tal proposito, secondo le statistiche disponibili, il numero dei decessi si concentra soprattutto lungo il primo tratto della SR71 (tra la Valdichiana e Arezzo) e quello che attraversa i comuni del basso Casentino.

Ma per avere un quadro più chiaro della situazione abbiamo deciso di interpellare il dottor Gian Carlo Faralli, uno dei maggiori conoscitori della strada in questione.

Dottor Faralli, lei è a capo del «comitato SR71 più sicura», ci può dire, in relazione a quest’arteria, quali sono le criticità maggiormente riscontrate? «Iniziamo col dire che parliamo di una strada nata nel 1928 e composta soltanto da due corsie. Ora è ovvio nel tempo siano sopraggiunte delle migliorie ma si tratta comunque di un tracciato risalente a un’epoca con esigenze di traffico completamente diverse e di questo bisogna tenerne conto. Venendo all’attualità, direi che le criticità maggiori sono diverse e pertanto è necessario si intervenga sulla segnaletica, sui marciapiedi e sugli attraversamenti pedonali. Fondamentale, però, è pensare anche alla realizzazione di adeguate aree di sosta per i mezzi pubblici considerato che la maggioranza degli autobus, in fase di sosta, è costretta al centro della carreggiata con ovvie ripercussioni sul traffico».

Quali sono le tratte più disagiate e più soggette a sinistri? «Le tratte più difficili sono senz’altro quelle compresa tra Olmo e Castiglion Fiorentino e tra Arezzo e Subbiano. A tal proposito, a giorni incontrerò nuovamente il Prefetto e gli amministratori del basso Casentino per tornare sul tema della sicurezza dal momento che, soltanto tra Case Nuove di Ceciliano e Marcena, di recente vi sono stati almeno tre incidenti mortali. Quest’ultimo tratto è particolarmente insidioso in quanto il rettilineo induce a correre e non vi sono dei dissuasori che invitino a rallentare».

E gli autovelox presenti, allora? «Nessuno di loro, che io sappia, è realmente funzionante. Nei tratti interni all’abitato, poi, è addirittura vietata la loro installazione. A Vitiano, ad esempio, ce n’è uno ma è stato installato per l’appunto nel tratto non urbano».

E quindi come se ne esce da questa situazione? «Purtroppo le leggi vigenti non danno la possibilità agli amministratori di intervenire diversamente. L’unica soluzione sarebbe disporre maggiori controlli con postazioni mobili nei tratti interni agli abitati, in quanto il controllo diretto degli operatori di polizia municipale è consentito. Ma quello degli autovelox non è il solo problema…».

In che senso? «Nel senso che anche altre tipologie di dissuasori, penso ai new jersey, sono sottoposti a delle normative piuttosto stringenti per cui, tutto ciò che a noi profani può sembrare una soluzione ovvia per diminuire il numero degli incidenti, nella realtà va spesso a scontrarsi con l’impossibilità di installarsi in un determinato luogo».

Insomma, mi pare di capire che tra la burocrazia vigente e l’indisciplina degli automobilisti, pensare ad un incremento della sicurezza sia alquanto difficile… «In effetti non è così semplice come può sembrare ma qualcosa si può fare. Innanzitutto, come dicevo prima, nei centri abitati è possibile predisporre delle postazioni mobili per il controllo della velocità ma un ruolo fondamentale lo gioca anche la prevenzione. A tal proposito mi lasci darle una notizia…».

Prego… «Stiamo lavorando alla realizzazione di uno spot audio video diretto ai più giovani al fine di sensibilizzarli sulla tematica della sicurezza stradale: un’idea simpatica e educativa allo stesso tempo, che vedrà coinvolto anche un rapper locale e sarà trasmesso su tutti i media locali».

Tornando alla questione stradale lei prima ha parlato di alcune tratte indicandole come le più difficili e citando anche il basso Casentino. Cosa può dirci, invece, del tracciato che va da Subbiano fino a Stia passando per Ponte a Poppi? Anche lì di incidenti se ne registrano spesso… «È vero, anche se più ci si avvicina a Stia e meno problemi vi sono. Anche il tratto compreso tra Rassina e Bibbiena, che in passato aveva fatto registrare alcune criticità, sembra riscontrare dei miglioramenti. Anzi, complice (ahimè) la chiusura nel tempo di alcune realtà industriali, la situazione in termini di sicurezza e di traffico mi sembra essere migliorata sensibilmente. Ecco perché ritengo che le problematiche principali restino quelle presenti tra Capolona e Subbiano. Penso anche a Santa Mama, dove da tempo si è costretti a sopportare i rallentamenti dovuti alla presenza di un semaforo posto in prossimità del cantiere ancora esistente. Semmai c’è un’altra questione che andrebbe risolta e che riguarda l’Alto Casentino…».

A cosa si riferisce? «Mi riferisco al transito dei mezzi pesanti dal passo dei Mandrioli. Non dimentichiamoci, infatti, che allo stato attuale, un camionista che si trovi in Casentino, per dirigersi in Emilia Romagna, o torna indietro verso Sansepolcro e imbocca la E45 o deve addirittura andare a ritroso verso Arezzo per poi prendere l’autostrada. Un disagio che penalizza le maestranze ma anche le aziende del territorio, che vede il proprio indotto fortemente penalizzato».

Parliamo del vostro comitato. Quando è nato e perché la creazione di un organismo del genere? «Il comitato è nato per fungere da mediatore tra i cittadini e le istituzioni e direi che il lavoro svolto ci sta ripagando pienamente se si considera che riceviamo quotidianamente elogi ai massimi livelli. Anche la nostra collaborazione con il Prefetto di Arezzo, la dottoressa Maddalena De Luca, si sta rivelando sempre più proficua ma siamo in buoni rapporti un po’ con tutti gli amministratori locali».

Chi fa parte della vostra organizzazione e come si svolge il vostro lavoro? «Il nostro comitato si compone di un direttivo di quattro persone (tra cui il sottoscritto) e un coordinamento di almeno altri dieci soggetti tra imprenditori, geometri, ferrovieri in pensione e tecnici di varia natura. Avendo progetti ambiziosi dovevamo circondarci di persone che fossero le più qualificate possibile ma chiunque voglia darci una mano è il benvenuto. Non dimentichiamoci che il tracciato della SR71 inizia a Montefiascone per finire a Ravenna. Per intenderci, stiamo parlando di un percorso di quasi 294 km e rappresentarlo tutto non è semplice. Ecco perché vogliamo crescere e incrementare le nostre relazioni sul territorio. Al momento siamo in ottimi rapporti sia con il sindaco di Montefiascone che con quello di Ravenna e abbiamo contatti costanti anche con tutte le altre realtà attraversate da quest’arteria, Casentino compreso, ovviamente. Il nostro è soprattutto un lavoro di relazioni e stiamo operando affinché il nostro modello venga esportato anche fuori…».

In che senso? «È nostra aspirazione replicare questo modello anche in altre realtà. Ci sono tante persone come noi, magari in pensione ma che stanno ancora bene e hanno tempo e modo per sostenere delle cause come la nostra, che possono rappresentare delle risorse importanti per i propri territori. Il nostro è un lavoro che richiede tempo ma fortunatamente non ha bisogno di grandi risorse economiche. Chiunque può dare il proprio contributo. Quel che conta sono le idee e la voglia di partecipare al miglioramento del benessere della collettività».

Quali progetti vi prefiggete per il futuro? «Oltre alle intenzioni di cui vi ho appena parlato ve n’è un’altra molto importante ed è attinente al nostro territorio. È un qualcosa che si trova ancora in una fase progettuale ma è nostra intenzione far sì che possa tramutarsi in realtà quanto prima. Mi riferisco alla costruzione della metropolitana leggera di Arezzo. Un servizio su rotaie che, sfruttando le piccole stazioni già esistenti e i mezzi disponibili, possa costituire un’alternativa valida all’utilizzo dell’auto. Per dare dei numeri che aiutino meglio a comprendere il fenomeno, si pensi che ogni giorno ad Arezzo transitano qualcosa come 100 veicoli di nuova immatricolazione. Spesso, tra l’altro, con a bordo soltanto una persona. Ecco, noi vogliamo che il futuro della nostra terra guardi a delle alternative valide e all’insegna di un maggior rispetto per le esigenze dell’ambiente. Per farlo ci sarà naturalmente da predisporre un adeguato servizio di navette a supporto degli utenti, soprattutto dei lavoratori e degli studenti ma con l’aiuto di tutti, istituzioni in primis, sono certo che vinceremo anche questa sfida…».

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