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venerdì, 26 Aprile 2024

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L’eredità di Giorgio

di Fiorenzo Rossetti – Vi sono territori in cui l’ambiente si fonde con le persone che lo abitano. Quando pensiamo ad alcuni luoghi che conosciamo e che apprezziamo, a quali siamo legati per i bei ricordi e ne nutriamo sempre il desiderio di ritornarci, è difficile scindere tra la natura e l’uomo che la vive. Senza una di queste componenti ne potrebbe venire a meno l’unicità e la bellezza.

È il caso di Giorgio Amadori e la sua struttura ricettiva de “Lo Scoiattolo“ di Campigna. Sono venuto a sapere che Giorgio, dopo 35 anni ininterrotti di gestione assieme alla moglie Maura, vorrebbe vendere la struttura turistica e passare a godersi il meritato riposo. Giorgio è un amico; con lui ho collaborato per tanti anni come Guida e anche come funzionario della Provincia di Forlì-Cesena. Ricordo la bella mostra fotografica per i 50 anni di istituzione della Riserva di Sasso Fratino (Giorgio è anche un eccellente fotografo naturalistico). Non vorrei ritornare in Campigna e non trovarlo più lì ad aspettarmi. Chiedo ferie al lavoro per raggiugerlo. Guido in mezzo ad una straordinaria nevicata. Finalmente arrivo: tutto è ovattato e silenzioso. Meraviglioso!

Giorgio spala la neve attorno all’ingresso del suo locale e insieme troviamo un momento di tranquillità per parlare al caldo. Ne esce fuori una specie di intervista; una testimonianza che ha il sapore di un lascito ereditario. La sua struttura ricettiva ha una storia importante per il luogo. Giorgio ne dettaglia il passato; prima utilizzata da vetturini di inizio novecento e dai lavoratori in foresta, poi, pian piano, dal neonato turismo degli anni cinquanta del secolo scorso.

Domando come è cambiato il turismo in questi anni e soprattutto in che modo dopo l’avvento del Parco nazionale. La risposta è ferma e decisa. Da turismo legato prevalentemente allo sci d’inverno e in generale legato ad una fruizione, da lui definita “chiassosa” e distratta, dopo la costituzione del Parco, grazie anche alle azioni educative e informative, Giorgio ha potuto vivere l’evoluzione del turismo e si è d’improvviso trovato a gestire un flusso turistico educato, motivato dallo spirito della conoscenza e dalle finalità conservazionistiche.

Lui stesso si è trasformato da semplice ristoratore ad alleato delle aree naturali protette, con un ruolo attivo per la conoscenza, il rispetto e la tutela della biodiversità. Giorgio ammette che, a parte qualche caso di persone “fuori luogo” e che non sanno cosa sia la montagna, i clienti generalmente apprezzano la semplicità (meno peso ambientale) e l’atmosfera familiare della struttura, l’esperienza e la cultura di chi ha abitato da sempre questi posti (Giorgio è nato a Campigna), l’onestà e la disponibilità. Si percepisce, dalla voce emozionata di Giorgio, che non è facile pensare di lasciare la struttura e la mansione di tanti anni. Alcune offerte ci sono state, ma oltre al prezzo di vendita vi è la preoccupazione (responsabilità) di passare la titolarità a qualcuno che riesca ad interpretare al meglio il ruolo dell’imprenditore che sa fondere reddito ed economia con l’amore per un luogo di straordinaria importanza naturalistica.

Ed è a questo punto della chiacchierata che Giorgio ci dona il suo pensiero, che è eredità per qualunque persona che voglia fare questo tipo di lavoro e per chi vuole parlare di turismo. Non solo servire vitto e alloggio ai fruitori, ma considerare le persone che fanno questo lavoro come mezzo informale di valorizzazione del territorio e del Parco. Un turismo “verde”, in cui le strutture ricettive vengono sempre più considerate parte attiva nelle attività esperienziali naturalistiche che puntano a sensibilizzare ed educare il fruitore.

Qualche indicazione Giorgio la vuole lasciare agli enti competenti di questa parte del territorio. Non si vuole addentrare nei concetti ecologici di gestione naturalistica, ma lancia considerazioni rispetto alla mancanza di alcuni servizi, alla giusta attenzione e cura che meriterebbero i territori “lontani” dai centri amministrativi e politici. I suoi discorsi sono maturi e consapevoli: nel mio immaginario, mentre parla, lo vedo lasciare le vesti dell’oste per prendere quelle dell’ambasciatore dei popoli di montagna, troppe volte segregati e trascurati. Il Parco nazionale ha aiutato il lavoro di Giorgio, soprattutto con la grande visibilità mediatica che ha creato negli ultimi anni. Ma ammette che un parco, qualsiasi parco, ha fallito la sua competenza (ed è inutile) se non riesce ad essere promotore della sostenibilità sociale ed economica per i suoi abitanti.

Mi viene da chiamarlo scherzosamente il “Sindaco di Campigna”; lui ride divertito. «La montagna ai montanari!». Questo lo slogan che gli strappo quando gli chiedo cosa direbbe se fosse (per quale strano caso) chiamato come esperto ad un ministero competente a Roma. Una foto assieme, un abbraccio sincero. Poi lo saluto, senza pensare troppo però. Mi incammino per immergermi nei boschi stracolmi di neve che cingono il suo albergo. La neve cade copiosa.

Mentre avanzo con fatica con le racchette da neve penso a Giorgio. Lui come parte integrante di questo Parco Nazionale, memoria storica e ispiratore di buone pratiche per il turismo nelle aree naturali protette.

Rubrica L’ALTRO PARCO Sguardi oltre il crinale di Fiorenzo Rossetti

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